Aemilianus

Alessandra Casati



Editore: Montedit

Collana: le schegge d'oro

Anno di edizione: 2017

Pagine: 260

Il ritratto di un'amicizia


Sic natura solitarium nihil amat, semperque ad aliquod tamquam adminiculum adnititur, quod in amicissimo quoque dulcissimum est 

(Così la natura non ama che qualcosa che sia solitario, e sempre si appoggia per così dire a qualche sostegno, e gli amici più cari sono il sostegno più dolce)

Questa è la storia di Publio Cornelio Emiliano Scipione,
nipote di Scipione Africano...

...Alla storia è passato come il distruttore di Cartagine nella terza guerra punica (149aC - 146aC) e come devastatore di Numanzia, a lungo designato come avido conservatore volto a salvaguardare gli interessi dell'aristocrazia terriera e come un uomo a tal punto assetato di potere da voler assumere il controllo assoluto su Roma. 

Un profilo storico di certo poco lodevole, macchiato di grigi in tutte le sue sfumature e ricco d'ampie zone d'ombra. Ma chi era veramente l'Aemilianus? Solo un uomo affamato di gloria o un uomo pieno di fragilità?

Ancora una volta l'autrice dimostra curiosità per personaggi storico-letterari di non amabil fama e con grande sensibilità affronta un percorso che si snoda attraverso i meandri della psiche di Scipione, portando alla luce il suo vero io, il Publio timido e riservato della scuola di Diogene. 

A presentarci Publio, sin dall'età di tredici anni,
è il suo migliore amico Caio Lelio...

...Un'amicizia nata fra i banchi di scuola, così come nascono le amicizie moderne. Da un odio iniziale a un amore puro: "iniziai ad amarlo quando iniziai a vedere il suo valore, e lui a sua volta prese ad amarmi perché vide in me qualcosa degno della sua stima".

Dunque chi meglio di lui può scolpire a tutto tondo la figura dell'Aemilianus? E' proprio attraverso le sue parole che emerge il ritratto di un uomo profondamente infelice, e solo apparentemente di una grandezza inviolabile. 

Lelio ripercorre quasi anno per anno la loro amicizia, tra allontanamenti dovuti all'arruolamento, carteggi e riavvicinamenti. 

Nonostante come narratore omodiegetico dovrebbe disporre di informazioni limitate, Lelio è in grado di discorrere come uno storico o un saggista grazie al libero accesso all'interiorità di Publio. 

Il ritratto che ne fa è quello di un personaggio tutt'altro che statico: la timidezza iniziale svanisce sempre più ad ogni campagna militare, ma senza mai cadere nell'arroganza; il suo sorriso ingenuo viene sostituito dalla serietà; i suoi sogni fanciulleschi diventano incubi. 

Solo le lettere si configurano come unico luogo in cui Publio può rimanere se stesso. Sono il luogo della confessione e dell'espansione dei sentimenti. Sono il luogo della verità.

L' "amicitia" è il valore del romanzo. Ma di cosa si tratta?

"E' un rapporto di mutua utilità tra te e una tua conoscenza utile, con cui ci si scambia doni e favori. E' quello che regge la società romana." Sono queste le parole rivolte dal padre a Caio Lelio. 

Emerge qui l'idea di un'amicizia basata sulla convenienza: Publio è figlio di una delle famiglie più ricche e potenti della città, bisogna ingraziarselo e fare in modo di non attirare su di sé il suo odio. 

Lelio tuttavia non è meschino come il padre, l'amicizia è per lui qualcosa di più profondo, che nasce dalla stima reciproca e dalla condivisione

È sempre sulla stima e l'enorme fiducia che nasce anche l'amicizia tra Publio e Terenzio, autore teatrale di origine cartaginese, famoso per i suoi prologhi come momento di riflessione critica e poetica e facente parte del circolo di intellettuali aperti ai temi della cultura greca che si riunisce intorno alla figura di Scipione l'Emiliano. 

Si dice che il dolore cambi le persone, e quando Terenzio muore, Publio perde un pezzo della sua anima. I continui lutti e l'attività politica e militare sempre più opprimente modificano profondamente l'interiorità di Publio, che scompare e di lui rimane solo Scipione. 

Deve rendere onore alla sua famiglia, dimostrarsi all'altezza dei successi passati... deve sconfiggere Cartagine. A costringerlo alla crudeltà è perciò il suo nome: Roma ha bisogno di lui come ha avuto bisogno dei suoi antenati. 

Le guerre lo portano a chiudersi sempre più in se stesso, diviene irriconoscibile, spietato, freddo. Si guadagna non solo l'odio del popolo ma anche l'odio per se stesso, ed è su questo non-amore che il finale getta nuova luce sulla figura di Scipione l'Emiliano, per gli storici, o Publio, per gli amici.

Dedicato a chi ama la storia e la latinità ma consigliato anche a chi non è un estimatore del latino. Alessandra Casati sa di avere a che fare con una lingua ostica, per questo ha inserito un glossario dei termini in appendice al libro. 

Una lettura facilitata e mimetica, in grado di immergerci in un passato latino ricostruito attraverso i dialoghi dei personaggi. 

Una lettura ricca di storia ma anche di intimità: un nutrito carteggio fra Publio e Lelio alleggerisce la narrazione e svela al lettore il ritratto di un'amicizia profonda come la latinità. Dunque correggo la mia dedica:

dedicato a chi crede ancora nel valore dell'"amicitia".

Buona lettura,

Chiara


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